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Sempre più fortemente una visione olistica della salute e della vita ci porta a comprendere che possiamo partire dalla considerazione che siamo fatti e nasciamo per stare in salute. Abbiamo un corpo allargato a mente, emozioni e spirito che originariamente rispecchiano il miracolo e la perfezione.
La malattia esiste e molto spesso iniziamo a comprendere che non ha origini materiali, anche se il campo principale in cui si manifesta è il nostro corpo fisico.
Associamo la malattia alla morte, ma solo una volta nella vita, se tutto scorre naturalmente, la malattia serve a morire. In tutte le altre occasioni arriva per farci comprendere, per farci imparare, per aggiustare il tiro alle nostre intenzioni, alla qualità dei nostri pensieri e, perché no, al motivo del nostro stesso vivere.
Ogni stagione, alle nostre latitudini, porta con sé un carattere, un significato, un movimento. Per gli alberi, che sono completamente dentro questo ciclo, è naturale cambiare forma, colori, funzioni, per onorare le qualità che ogni stagione porta con sé. Se volessimo imparare da loro ci ricorderemmo di cose che anche i nostri antenati più vicini sapevano e seguivano, come mangiare cibi differenti a seconda della stagione, avere ritmi di sonno e veglia diversi, così come orari di lavoro e abitudini sociali.
L’Autunno è la stagione della scelta, del vedere un po' i frutti raccolti dopo un ciclo, è il tempo di ringraziare, come fanno gli alberi con le laboriose foglie, e poi di lasciarle andare, di decidere che semi tenere per la semina e quali scartare. Questo discernimento, questa separazione, questa scelta avviene materialmente nell’intestino umano che, in autunno, viene liberato da tossine, da scorie, viene massaggiato e tonificato dai frutti del bosco che sono ricchi di pectine, acidi organici, fibre e semi, come le nespole, le sorbe, corniole, cotogne, melograni, kaki. Tutto questo lavoro rinforza l’intestino, il primo organo coinvolto nel prepararci a un assetto ottimale di tutte le nostre barriere di difesa, dalla produzione di ormoni che regolano il nostro buonumore e la gioia. Nel cibo vegetale poi troviamo il più alto contenuto di vitamine di tutto l’anno, scorta che ci permetterà di affrontare il freddo.
In autunno diventiamo cagionevoli quando tratteniamo le tossine, le persone, gli atteggiamenti, quando contempliamo il buonismo e non procediamo verso la separazione con slancio fra ciò che teniamo e buttiamo, fra ciò che è rifiuto e ciò che ci nutre.
L’Inverno è la stagione della discesa, del rientro nel silenzio, dell’ascolto profondo, dell'immaginazione, il tempo in cui tutto è sospeso nel dentro.
La Terra inspira e porta verso di sé nel profondo, la linfa dei viventi, soprattutto vegetali, ma non solo.
Il sole basso raffredda l’azione, la manifestazione, lasciando posto alle lunghe notti che i nostri antenati riempivano di storie e leggende dove si andava a imparare i motivi per cui vivere, combattere, fiorire.
Un passaggio di morte in vita quello dell’inverno che stiamo esorcizzando a più non posso.
Allora come fa la vita a fermarci, a spegnere luci e rumori, a far si che il chiasso estivo si plachi e il nostro seme profondo si rigeneri nel silenzio? In inverno sono i nostri reni a chiedere ristoro, a rituffarsi nell'energia cosmica portata dalle stelle nel buio. Tutto questo non esiste nelle nostre vite metropolitane, quindi, benedette influenze, capaci di riaccendere fuochi sacri che bruciano ciò che non abbiamo liberato in autunno e riflessioni e ascolti forzati che non ci possiamo, per cultura e condizione, concedere in inverno.
E quindi per fortuna ci ammaliamo. La vita si riprende forzatamente il silenzio, il passaggio di trasformazione, l’interrompere brusco del nostro ritmo, che cerca sempre e comunque di portare l’eterna estate e l’eterna giovinezza. L’inverno ci chiede di abbandonare la performance produttiva e di entrare in quella introspettiva.
Ammalarci permette di fermarsi, conoscersi, stare nella tana casa, riallacciare legami di intimità e arrendevolezza con chi viviamo e con il nostro corpo, che implora fiducia e attenzione.
Se non comprendiamo questo, i sintomi legati alla stagione invernale saranno sempre più virulenti, fastidiosi, epidemici, e più chiederemo ai bambini di fare i compiti a casa durante le loro scorribande virali e convalescenze mammone, e di marciare come soldatini devoti verso la necessità di essere produttivi come, e molto di più, degli adulti, tanto più in loro saranno sempre più forti i sintomi con cui il corpo dell’anima mundi ci comunicherà tale violenza. E l’inverno non sarà più una stagione, ma un delirio che si compie, in case sempre più riscaldate, madie piene di cibo scadente proveniente da ogni angolo del mondo, strade sempre illuminate a giorno, cicli di antibiotici e vaccinazioni di massa, che presto, inflazionati, smetteranno di poter agire.
Ma la natura vede e ci propone sentieri più miti, più gradevoli e connaturati al nostro respiro.
Se ci abbandoniamo a questo nuovo paradigma che la malattia ha uno scopo buono, e che la sua funzione è correttiva e non distruttiva, allora possiamo incontrala nel suo linguaggio con apertura, attenzione, curiosità, lasciando che il terreno che permette a un'infezione batterica o manifestazione virale di palesarsi sia un'opportunità per conoscersi meglio, per vedere dove ci siamo incagliati. Quali pensieri coltivo ogni giorno? Quali emozioni albergano nel mio cuore? Quale prospettiva trovo nella mia vita? Che significato do al mio passaggio su questa terra? Come mi nutro? Come mi diverto? Come faccio la mia parte per lasciare il mondo un briciolo meglio di come l’ho trovato?
La malattia diventa una manifestazione personale. Mamme, lo sapete bene che lo stesso virus influenzale o intestinale incontra i nostri bimbi in modo diverso.
Uno dei vostri figli magari sopporta bene la febbre alta, non rimane quasi toccato da questa esperienza ma poi invece ha una lunga convalescenza con inappetenza, mentre il fratellino, dopo la febbre, ha uno strascico quasi sempre costante di tosse stizzosa e forte, soprattutto la notte.
Non possiamo meccanicizzare questo rapporto fra sintomo e significato, anche il sintomo va letto come il diario della persona, con le sue sfumature e i suoi ritmi, i suoi odori e le sue caratteristiche.
L’amorevolezza e l’innamoramento nell’osservare cosa racconta il corpo, fisico, emotivo e mentale, è alla base della comprensione prima, della cura e degli aiuti possibili poi.
La visione olistica predilige un metodo di ricerca comparativo e analogico che si adatta benissimo al mondo delle piante.
Quindi, una volta letto il quadro di come la malattia si manifesta, entrando in uno stato di compassione benevola possiamo comparare tale linguaggio, descrizione o racconto con uno simile di piante affini.
Congestione bronchiale; difficoltà a respirare molto forte soprattutto per muco e catarro che non si staccano; tosse, asciutta ma insistente, di tipo asmatiforme.
Grindelia robusta: pianta originaria di luoghi caldi e asciutti, molto combattiva, con gambo secco e foglie dentate e un po’ rigide. I capolini prima di aprisi hanno al centro una sorta di resina biancastra molto appiccicosa che pare catarro. Si tratta di resine che contengono sostanze fenoliche e acidi vari, che la pianta riassorbe e fluidifica per permettere alla sua margherita gialla di aprirsi alla fioritura.
Questa pianta sa come affrontare il muco appiccicoso e invalidante e viene usata popolarmente, ma anche scientificamente, come ottimo calmante della tosse sopra descritta, come fluidificate ed espettorante, calmante delle crisi asmatiche.
I rimedi che la natura ci offre attraverso le piante trovano in questa modalità il modo migliore per essere attivi ed efficaci, ricordandoci sempre che non si tratta solo di accedere a sostanze naturali ma a sistemi viventi, che trasmettono anche vita. In conclusione possiamo dire che la Grindelia robusta e i suoi preparati sono l'integrazione migliore per la tosse che si descrive con le modalità e le caratteristiche che Grindelia mostra.
Chi sono? Sono quegli aiuti che arrivano da piante evolute, che hanno il compito di accompagnarci lungo pezzetti del nostro cammino evolutivo.
Quali alberi o fiori ci possono accompagnare ad esempio ad entrare nel significato dell’autunno o dell’inverno, con le difficoltà che la vita moderna porta con sé, le sue inquietudini, le sue costrizioni?
Quali sono i compagni di viaggio che ci aiutano ad avere fiducia nel nostro corpo, che ci accompagnano a comprendere il dolore fisico, che ci fanno prendere in mano la nostra salute, che ci fanno stare bene anche se camminiamo contro corrente e ci distanziamo dal pensiero della massa?
La bella notizia è che non siamo soli, abbiamo un sacco di alleati che sono tornati a camminare al nostro fianco per affrontare le paure e le credenze.
Sono aiuti particolarmente importanti e attuali in questo passaggio epocale, ma soprattutto in piena sintonia con questo inverno 2019/2020.
Spirito del Noce
È al nostro fianco a partire dall’Autunno, dalla luna nuova del 28 ottobre, che si apre alle influenze dello Scorpione. Il Noce ci aiuta a riprendere ciò che è nostro attraverso la forza primordiale della vita che trova il suo luogo di espressione nella pancia. Il Noce alleva in equilibrio tutta la vita batterica del nostro intestino, la indirizza e aiuta la nostra intelligenza emotiva a lavorare per scegliere.
Un tempo dedicato quindi a conoscersi, difendere le proprie vedute e verità istintive, lasciando che l’intuito ci accompagni alla consapevolezza dell’intelletto collegato al nostro sé superiore.
Chestnut Bud
Un Fiore che ci aiuta ad assimilare meglio quello che ci nutre e a imparare a tralasciare le esperienze che non ci servono più. Utile per non ripetersi negli errori, ma farne invece tesoro, per apprendere preparandosi ad altro.
L’Inverno trova il suo ingresso ai primi di Dicembre , quasi sempre attorno al 13, dedicato nella cultura cattolica a santa Lucia. È un tempo in cui ci si prepara alle notti più lunghe dell’anno e alle notti sante che vanno dal Natale alla Epifania.
Spirito dell'Abete
Lasciamo allora che sia l’albero del solstizio e del Natale poi, ad accompagnarci, l’Abete appunto, che adorniamo vivo o finto nelle nostre case riempiendolo di luci. In Natura Abete bianco è una antenna capace di ricevere frequenze e messaggi che arrivano dai cieli, raccoglierli nel silenzio, portarli , distribuirli agli abitanti della terra.
L’Abete ci aiuta a trovare il nostro respiro, ampliarlo, fortificarlo. Quando invece lo lasciamo spesso ingabbiato e costretto nella nostra gabbia toracica. Ma la sua compagnia va oltre, ci accompagna a innamorarci della quiete dell’inverno, alla sua sacralità, essenzialità, e a iniziare a respirare aria pura carica di quel prana che arriva da lontano. Con Abete possiamo contattare la nostra Stella che brilla in cielo, e lasciare che la sua benedizione rimanga con noi per tutto l’anno. Quale compagnia migliore?
Cherry Plum
Un fiore di Bach che arriva sulla nostra mente come una candida nevicata, lo stesso candore che crea con la sua bianca fioritura. La mente sovraeccitata , il nostro corpo carico di elettricità desidera scaricare, placarsi, rilassarsi con naturalezza. L’inverno arriva per questo e Cherry Plum ci aiuta a rilassarci profondamente e ritrovare con il sonno profondo e ristoratore più distensione e calma.
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