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La malattia è l'espressione di una disarmonia e la guarigione è la comprensione di questa disarmonia con il conseguente adeguamento al nuovo. Purtroppo però più l'umanità si sforza nel combattere la malattia più questa si afferma. Non è il solo combattere che fa vincere. Se abbiamo fiducia nella Natura, come possiamo temere la malattia? Essa è una via, per conoscerci o per spronarci nell'avanzare, per fluire e scardinare la staticità.
Per prima cosa dovremmo imparare a non ostacolarla e darle priorità, quindi dedicarle riposo, una dieta appropriata, assaporarla in ogni suo sintomo, che è sintomo di vita, compreso il dolore che è una delle emozioni più forti e il richiamo di una forte attenzione sul corpo, quella tuttavia necessaria alla guarigione. Purtroppo i tempi che a volte richiederebbe la malattia non sono quelli che noi possiamo concederci ma è proprio questo che ci separa dalla nostra natura e crea le basi per lo squilibrio. Nell'omeopatia il peggioramento iniziale è come la via per portare i nodi al pettine. Questo peggioramento simboleggia proprio l'andarle incontro, quindi accettarla per andare oltre, attraversarla. Peccato che il peggioramento spaventi chi non coglie il bene che c'è nei sintomi. Parlo di bene nello stesso modo con cui una pianta di rose vedrebbe bene il letame cosparso vicino a lei (senza seppellirla però!). Certo, puzza, e non si presenta bene, ma presto questo sarà ciò che permetterà una bella fioritura. Come dire che per avere il bene serve il male o comunque c'è anche questa possibilità.
In effetti queste due parti sono in stretta relazione, cioè per avere il bene si ottiene male: vaccini, cure, educazioni al fumo, alla dieta, campagne preventive... eppure la gente è sempre più cagionevole! A che pro accanirci per avere la salute se i risultati sono opposti? Questo lo dicono le statistiche. La malattia rappresenta il confine a ciò che abbiamo nascosto a noi stessi, l'altra faccia della medaglia, la parte oscura di noi che non vorremmo mai incontrare. Più neghiamo a noi questa parte e più compare con forza. Curiamo la nostra parte aerea senza renderci conto che sotto crescono anche delle radici di cui non ci curiamo, fino a vedere un giorno che la strada vicino alla pianta si incurva. Chi si immaginava che le radici arrivassero a fare tutto questo?
Tutto ciò verso cui tendiamo, inevitabilmente nutre anche l'opposto. Se si potesse ridurre la velocità di rotazione della terra per aumentare le ore di luce aumenterebbero comunque anche le ore della notte, cioè non si può mai ottenere un puro risultato univoco. Grandi operatori di pace ed amore sono rimasti vittime della violenza, come pareggio per la unilateralità che hanno seguito. Gesù promulga l'amore, ma dice di amare gli altri come se stessi: un lungimirante esempio di equilibrio che afferma una sintesi nell'unità. La nostra realtà è duale mentre quella che vi si contrappone fa parte dell'Unità che è in un altro regno, in un altra realtà.
Vorrei rassicurare sul fatto che la malattia serve a mantenere il piatto della bilancia in equilibrio, è l'adattamento che impedisce la morte, l'unilateralità. In un piatto c'è ciò che vogliamo e nell'altro c'è ciò che non vogliamo o che non riconosciamo in noi e di noi ma che esiste ed emerge con più forza quanto più noi lo neghiamo. Gesù non ha sconfitto il diavolo, semplicemente lo ha incontrato ed è stato tentato, quindi ha preso consapevolezza del suo potenziale lato oscuro, che esiste per natura, poi ovviamente ha saputo scegliere per il bene, ma per riscattare l'eccessivo lato oscuro dell'umanità ha dovuto bilanciare “subendo” la morte, il tradimento, il rinnegamento, e quindi attraverso il suo sacrificio (che seppure per il bene si esprime attraverso il male), perché solo in questo modo le cose possono convivere sulla Terra. Anche i San ti con tutto il bene che fanno incontrano difficoltà di vario genere o una salute poco stabile perché vengono inseguiti dal loro contropolo.
Tutti i grandi maestri hanno insegnato a non giudicare, quindi non giudichiamo anche la malattia, non giudichiamo i nostri stati d'animo e le nostre emozioni, e tuttalpiù limitiamoci a prendere atto che esistono dei lati contrapposti. Un buon esercizio per compensare la bilancia è perseguire ciò che crediamo come bene, e ricordare che anche fare l'esatto contrario è concepibile (Osho si esprime molto tramite le contraddizioni); questo serve a portare luce nell'ombra e far appacificare le due parti, ridurre la tensione tra loro. Il lato oscuro che è l'inconscio non racchiude per forza solo il male ma anche delle nostre qualità buone non riconosciute, quindi vale la pena andargli incontro.
La malattia racchiude sempre un simbolo che deve essere consapevolizzato ed accettato. Quindi l'accettazione è un esercizio importante per tutti noi perché è uno degli elementi per giungere alla guarigione specie in questa società spostata sull'aggressività (polo contrapposto dell'accettazione). Non possiamo non riconoscere che tutto il dolore che ci circonda in questa epoca tragga origine dalla non accettazione (che è la negazione del polo femminile). Se abbiamo la possibilità di vivere un evento sgradevole, abbiamo contemporaneamente la possibilità di trovare la controparte che serve ad accettarlo e riportare l'equilibrio (come l'azione dei Fiori di Bach). Quando pensiamo di non farcela, una sorta di resistere all'accettazione, è lì che proviamo gli effetti dello squilibrio e di massima tensione ed è li che può radicarsi la nuova comprensione. Anche chi vive il proprio lato oscuro come fosse l'unico, alla fine per bilanciare cambia e passa all'altra parte, come ad esempio San Paolo di Tarso, i pentiti, o le persone che hanno provato tutto ed ad un certo punto “mettono la testa a posto”.
Questo in fondo è buono, cioè è giusto sbagliare se serve a mettersi in cammino per poi tornare come fece il figliol prodigo, mentre chi non si è mai allontanato non riceve lo stesso trattamento. Come dire: chi non risica non rosica. Come trasformo la malattia in opportunità? Intanto amandola come si amerebbe un figlio, una parte di sé, che sia buona o cattiva; domandandosi quale simbolo evoca un certo tipo di sofferenza ed a quale parte di se stessi potrebbe contrapporsi. Ad esempio se ci si accorge che la mente corre significa che bilancia un non fare materialmente le azioni a cui si aspira. Oppure una cistite potrebbe compensare una zavorra che ci si sente addosso e da cui si sfugge o che non si sa lasciar andare (poi ogni simbolo va ricollocato su una situazione specifica).
Quando arriva la febbre dovremmo essere contenti: intanto dalle statistiche sembra che per gli anziani che fanno un' influenza all'anno ci sia un minore rischio di infarto per quell'anno, inoltre il sintomo segna un momento di bilanciamento tra le nostre due parti e sarebbe importante sfogarlo naturalmente o solo con rimedi che non blocchino la reattività dell'organismo, sennò si vanifica l'intelligenza del corpo e si postpone un carico maggiore per il futuro. Tra le materie da insegnare dovrebbe esserci anche la lettura dei simboli e dei sogni, utili specchi e compensatori di cosa bolle in pentola (a pressione!). Ora non si può fare di tutta l'erba un fascio, però la malattia ha in sé un potenziale di crescita personale, anche per chi ci sta vicino, e se si imparasse ed essere moderati e capaci di vedere il lato opposto delle cose la vita ci strattonerebbe di meno e potremmo comunque perseguire nel fare il bene, ma in maniera più oculata, oppure coerenti col fatto che a volte stiamo offrendo la nostra vita per gli altri.
Il bello di lavorare con le piante è che queste non avvelenano e sono vive, e nel contempo aiutano la persona ad arrivare a comprendere meglio i simboli della propria malattia perché ogni pianta ha un simbolismo profondo che Paracelso chiamava “signatura rerum” che interagisce appunto con le cause simboliche della malattia mentre il farmaco blocca questo aspetto e può essere utile tuttalpiù per modulare o prendere tempo ma non per guarire a questi livelli profondi (tranne per effetto placebo dello stesso).
Aver a cuore la vita dovrebbe aiutarci a comprenderne il mistero che cela, ma tutta la confusione in cui siamo immersi ci allontana dal cogliere i simboli e dalla semplice osservazione della realtà, catapultandoci in un mondo ingiusto ed ostile. Se il leone mangia la gazzella non c'è il male ma c'è solo il chiudersi di un equilibrio che non si assolutizza in quell'atto ma in un equilibrio di un macrocosmo, uguale al microcosmo di un organismo vivente o di una singola cellula. Per cui guardando tutto il contesto non vince il più forte ma vince l'equilibrio, che scaturisce tra forza e cooperazione. Quel leone è come un globulo bianco che riduce la presenza di batteri nell'organismo. Se sapessimo accogliere la vita in toto non esisterebbe più la malattia perché sapremmo riconoscere in ogni evento il fluire invece dello sbarramento e saremmo interessati dai simboli più che dai sintomi.
Il termine “malattia” dal dizionario Treccani viene interpretato come deviazione, ed è proprio il deviare, il cambiare, che comporta lo sforzo antipatico all'essere umano e che rimandato assume dei connotati sempre più importanti per meritare l'adeguata attenzione. È per questo che siamo noi i responsabili della nostra salute e dare colpe all'esterno non risolverà mai nulla. Per questo Bach ha messo a disposizione 38 fiori che evocano 38 simboli o archetipi, ciascuno utile a percepire una determinata consapevolezza e quindi una guarigione. L'amore non è scegliere cosa amare ma è rivolto a tutto, all'intera esistenza, compresa la malattia e questo aprirsi a tutto non può che riunire nella completezza dell'essere che realmente siamo e perché avvenga questo serve la libertà che scaturisce come nelle fiabe (simboli archetipici) attraverso la deviazione (il ribellarsi al re, alla strega, ecc) che comporta il superamento delle prove e che condurrà poi tutti al: “e vissero felici e contenti”.
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