Il tema dell'alimentazione, ora più che mai denso di contrasti, mette in evidenza il fatto che occorra portarvi attenzione e considerarlo non solo come l'ambito del quotidiano nutrirsi, ma come fulcro su cui si è evoluto l'uomo, la civiltà e le relazioni sociali.
In una visione olistica di tipo esoterico, la realtà è il mezzo, e non il fine, per portare consapevolezza all'esistenza, lo spirito nella materia. Quando acquisiamo nel nostro percorso di vita nuova consapevolezza, nuova coscienza, è necessario il più delle volte, se non sempre, imprimere questa “evoluzione” nella materia e nella vita attraverso un simbolo o un rituale che siano il mezzo per tradurre il mondo spirituale in quello fisico.
Questo vale anche per l'inconscio o per la natura, cioè tutto è sintetizzabile in un simbolo che diverrà così l'oggetto di una vibrazione specifica, la forma corrispondente al tipo di coscienza che apporta. Per il fatto che il cambiamento debba diventare un contesto simbolico, e quindi anche fisico-pratico, quando ci troviamo in un contesto evolutivo o di semplice rinnovamento, siamo soliti fare delle azioni concrete per confermare l'avvenuto salto, l'avvenuto cambiamento, l'avvenuta crescita di consapevolezza.
La dieta, che rappresenta il fulcro di tanti aspetti legati alla vita di noi umani, si presta pertanto molto bene come elemento che attesti in maniera simbolica una nostra evoluzione, così la cambiamo per manifestare che vogliamo o che stiamo cambiando dentro. A volte stiamo meglio non tanto per il tipo di dieta che abbiamo intrapreso ma per il semplice fatto che è in atto la volontà di rinnovamento. Ci sono centinaia di famose diete che a volte funzionano e a volte no, quindi la variabile più importante è probabilmente la persona e come essa è predisposta.
Tra le cure alternative per il tumore ve ne sono annoverate più di 500, quindi da ognuna di questa qualcuno avrà tratto beneficio, eppure non riescono a prendere piede perché non considerando come elemento centrale l'individuo, prese singolarmente e come del resto anche i farmaci, non possono soddisfare l'intero bacino di bisognosi perdendo quindi la possibilità di soddisfare i requisiti di tipo scientifico, nonostante vi siano stati casi importanti che ne hanno tratto beneficio.
Insomma la medicina, come la dieta, è qualcosa che ruota attorno all'uomo/fulcro del cambiamento, che necessita nella maggior parte dei casi di un simbolo esterno che confermi quello che avviene dentro. Che sia un farmaco, una pianta, una dieta, una pratica, la differenza è abbastanza relativa. Detto ciò, non sono da giustificare atteggiamenti impropri o banalizzazioni troppo semplicistiche, ma può essere utile far partecipe l'uomo del proprio potere, cercando di utilizzarlo in maniera equilibrata verso progetti condivisibili di salute e relazione, etici, adatti ad incarnare l'evoluzione umana.
È forse inutile fossilizzarsi nella ricerca del sistema migliore: non esiste. Esiste la cosa giusta al momento giusto, utile solo in quel preciso momento; non può essere assoluta perché allora saremmo di fronte ad una verità, e per quanto ci giriamo in lungo e in largo la realtà è fatta solo di mezze verità. Le uniche verità sono pilastri che non possono essere scomposte nella dualità di questa esistenza.
Ciò non deve ovviamente creare abbattimento, tutt'altro! Questa comprensione può generare l'entusiasmo per la vita, mentre il concetto di verità, per come lo intendiamo, di solito è qualcosa di statico, quindi qualcosa che si fossilizza, come del resto la morte. La vita è dinamica, ti fa conoscere la dura verità dell'inverno che cambia fino ad essere tutt'altro nell'estate. Saper stare sull'eterno mutamento è la chiave per essere vivi e vitali, quindi adattabili, come l'acqua che è per sua natura umile e viva nonostante abbia in sè la memoria dell'intero universo.
Con questi presupposti, senza voler avere ragione, ciascuno può rispettare meglio le scelte alimentari altrui e nel contempo avere gli strumenti per delineare meglio linee comuni condivisibili e utili realmente a tutti. Ad esempio, la riduzione degli allevamenti intensivi potrebbe mettere d'accordo chi ha a cuore la vita degli animali e chi se ne nutre, portando un generale beneficio in salute delle persone e dell'ambiente.
Lo stesso vale per il biologico, i km zero, il recupero di cultivar locali ed antiche, questo non ovviamente per generare un nuovo business ma dare forza alle micro imprese locali che potrebbero crearsi e richiedere manodopera, quella che prima era impiegata nelle industrie alimentari.
É forse quella ricavata dai prodotti della terra che meglio si adattano all'ambiente specifico di chi lo abita: la natura mette a disposizione ciò di cui abbiamo bisogno.
Ad ogni buon modo, le tante diete assolutiste non sono diete bensì cure o mode, consumismo o puro business; per le cure il discorso può essere utile, anche se osserviamo che benché fatte a vita non sempre rappresentano la soluzione al problema.
La dieta ideale può essere allora individuata tra quelle che nutrono di più la nostra coscienza e perché ci sia coscienza nel cibo occorre conoscerlo, viverlo, coltivare, raccogliere, cucinare, vivere sia abbondanza che carenza, uccidere... Esatto, può rendersi necessario anche uccidere, anzi questo avviene sempre, ma andrebbe fatto con coscienza, come facevano i nativi ed in fondo anche i nostri avi. Il coltello uccide “capra e cavoli”, entrambi sono espressione della vita, e la vita sempre si donerà per permettere altra vita. Anche questa è coscienza.
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