Per accogliere e alleviare il dolore dobbiamo innanzitutto cambiare la nostra concezione del dolore. Quando vediamo qualcuno che soffre e ci voltiamo dall’altra parte facciamo male alla nostra umanità e alla nostra coscienza, oltre che a lui. Per cui quando soffriamo per un nostro dolore non possiamo voltarci dall’altra parte, ma dobbiamo ascoltare quello che ha da dirci, anche se farlo spesso non è piacevole. Il dolore richiama solo la nostra attenzione. Il parto è doloroso e questo insegna che la natura in quel momento richiama intensamente attenzione e consapevolezza su ciò che sta nascendo e sulla predisposizione ad accogliere, imponendoci di essere presenti, perché ciò rappresenta un imprinting tra la madre e il bambino che potrebbe decidere l’intensità della relazione futura. Il dolore fisico, per quanto sia talvolta insopportabile, rappresenta la vita che lotta per affermarsi; il corpo vuole ristabilire una connessione con la mente e ciò comporta un ascolto, certamente non piacevole, come non è piacevole affrontare un nodo in una relazione, ma senza farlo le cose possono solo peggiorare. La soppressione del dolore è come una relazione dove si convive senza però più parlarsi, nella completa indifferenza, che porta con facilità all’estinzione della relazione stessa. Anche il corpo talvolta ha bisogno di dialogare con noi, e magari di bisticciare, ma è solo così che si protende verso la salute, solo così che si è vivi, non certamente quando si è anestetizzati o vigili a compartimenti stagni. Siamo spesso così spaventati dal dolore e destabilizzati da esso che la nostra risposta è solo la fuga.
Eppure è proprio sul dolore che il placebo produce gli effetti scientificamente più riconosciuti e tangibili, dimostrando che la sua gestione è pienamente in nostro potere. Ci sono studi che rivelano inequivocabilmente come per esempio il bacio della madre attivi delle risposte che portano al superamento del dolore nei piccoli. Quindi il dolore rappresenta un’apacità di fruire di proprie connessioni necessarie al recupero di un equilibrio ottimale, ripristinabile con conforto o autoconforto: “Ora tutto passa”, “il peggio è passato”, “si va verso il meglio”, “tutto si risolve”, “posso farcela”, ecc, ecc. Sono queste alcune conferme interiori che permettono di ascoltare il dolore e di andare oltre, di crescere, e serve necessariamente un’educazione su questi aspetti. Per certi versi il dolore è un mezzo che porta a ricevere attenzioni, mezzo di cui talvolta si abusa, seppur inconsciamente, e questo ci distoglie da possibili evoluzioni personali.
Che il dolore vada attraversato è una verità che viene confermata sotto doversi punti di vista. Per esempio la riflessologia plantare, per permettere al corpo di migliorare il livello di salute, tratta appositamente i punti dolorosi e non certamente quelli inerti. I monaci Shaolin hanno antiche tecniche di cura che in taluni casi si attuano attraverso il dolore quindi le loro manipolazioni sono più dolorose del mal di schiena che devono risolvere. Si affronta il dolore, si accoglie una dolorosa attenzione su quella parte del corpo e da quel momento l’organismo si organizza per riparare ciò che non va, si attivano la circolazione e le cellule staminali, le stesse che si attivano nella crioterapia o nei digiuni intensi, tutte situazioni che fanno toccare con mano il dolore affrontato con volontà e che aiutano poi a tornare sul proprio tragitto, quello da cui ci si era allontanati. Insomma il dolore è ciò da cui fuggiamo, ma è anche ciò che va affrontato, rappresenta ciò che dobbiamo integrare per andare oltre. Non è un invito al masochismo ma solo un invito a non cedere alla paura o all’auto commiserazione. La nostra realtà è duale e fatta di contrapposizioni che vanno accolte per evitare ulteriori estremizzazioni. Quindi più evitiamo o tentiamo di anestetizzare e spegnere il dolore senza capirlo, più non stiamo affrontando i nodi che ci complicano la vita.
Non è vero che certi dolori sono dovuti all’età, ma è vero che ciò che non si affronta si accumula. Quindi se hai sopportato e tenuto duro per tanti anni, per evitare di affrontare delle cose che hanno un peso psicosomatico, prima o poi dovrai farci i conti; più attendi, più i conti saranno salati e il dolore, che non è una punizione ma una liberazione, sarà intenso, come il flusso di un lago liberato da una diga che non può più trattenere ciò che c’è a monte.
Questa premessa è necessaria perché di fronte al dolore abbiamo due possibilità: fuggire finché è possibile, o affrontarlo, magari quando è ancora un “cucciolo”, e imparare a trovare un atteggiamento che sciolga i nodi ogni giorno. Se accettiamo di affrontarlo la natura ci viene più facilmente in aiuto, se invece scegliamo sistematicamente le scorciatoie, che sono appunto le vie di fuga prima, prima o poi sopraggiungerà un dolore che ci spaventa, e un certo punto esauriremo anche le vie di fuga e ci troveremo con le spalle al muro.
Quando invece accettiamo il dolore, dobbiamo poi essere pronti a riconoscere ciò che lo ha generato. Su questo aspetto la floriterapia è fondamentale per trattare l’emozione trattenuta o squilibrata che sta a monte; le cause sono troppo specifiche per generalizzare, quindi ognuno dovrebbe indagare soggettivamente. Ma anche la respirazione cosciente, la meditazione e altre prassi ci aiutano ad affrontare i nodi irrisolti. I processi di trasformazione sono lunghi, ci vogliono volontà e speranza, che forse non sempre sono sufficienti a risolvere, ma se non altro ci permettono di vivere meglio rispetto a chi si arrende.
Nel frattempo, per alleviare e allentare i nodi, possiamo avvalerci di aiuti quali:
Poi ci sono i rimedi sottili, che vanno ad agire sullo stato d’animo che accompagna il dolore che sentiamo.
Fiori di Bach
Spirito degli alberi
(chi volesse fare un percorso completo, suggeriamo di assumere questi 4 spiriti degli alberi in successione temporale nel corso di 4 mesi)
Il dolore vuole la nostra attenzione. Utilizzare le mani o meglio uno strumento dalla punta tondeggiante (tipo il manico di uno spazzolino) per massaggiare la cute in corrispondenza della zona dolorante fino a quando la zona non diventa rossa, calda e vascolarizzata. Apportando attenzione, energia, sangue si aiuta il corpo a reagire. È utile ripetere questo gesto ogni giorno. Non è piacevole come la carezza di una mamma, ma l’attenzione riposta su quel nodo e l’afflusso sanguigno conseguente possono giovare tanto.
Se serve attenzione, cosa c’è di meglio del digiuno per avere la mente lucida ad ascoltare il proprio corpo e allo stesso tempo ridurre quelle scorie che aggravano ogni quadro infiammatorio? Senza improvvisazioni e con la dovuta preparazione il digiuno è meglio di ogni dieta, perché il corpo fa i conti con se stesso e affronta i suoi nodi. Tuttavia se proprio vogliamo considerare gli alimenti singoli, vanno ridotti o eliminati quelli che tendenzialmente aggravano l’infiammazione.
A seguire alcuni consigli specifici.
Riesco a immaginare che il mio dolore possa avere in una certa misura una funzione benefica? Cosa vuole insegnarmi? Oppure, cosa ci guadagno?
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